Tutte le azioni di Salomone furono triplici. Ebbe tre ascese (in cui la portata del suo dominio aumentò fino a governare il mondo intero) e tre declini (in cui la portata del suo dominio diminuì fino a governare solo sulla sua famiglia); vedeva tre mondi (avendo visto la vita come un re, un cittadino comune e poi di nuovo un re); commise tre peccati (avendo accumulato molti cavalli, molte mogli e molte ricchezze; scrisse tre libri (Proverbi, Ecclesiaste e Il Cantico dei Cantici) (Shir HaShirim Rabbah 1:10).
Avvicinarsi alla comprensione di Salomone, figlio di Davide e Betsabea, significa apprezzare una personalità poliedrica, che ha vissuto gli estremi estremi dell'esistenza. Costruttore del Tempio, re, poeta, storico, statista, letterato, politico, filosofo, romantico, saggio: Salomone fu un esempio per tutto ciò che era buono, per tutto ciò che era tragico, nella storia di Israele. Come delimitare un uomo capace di creare l'eterna bellezza del libro dei Proverbi, il gentile cinismo dell'Ecclesiaste, i ritmi sensuali del Cantico dei Cantici? Salomone non poteva, non sarebbe, confinato o definito come un qualsiasi tipo di eroe biblico. Ha infranto ogni paradigma in ogni aspetto della sua vita. Figlio nato dall'unione illecita tra il pastore prediletto del Signore, che sarebbe diventato re, e l'"indimenticabile" Betsabea, incarnava la cadenza poetica e musicale di suo padre così come la bellezza aristocratica, impassibile e tuttavia seducente della sua madre. Possessore di mille mogli (inclusa la regina di Saba), sovrano di 252 province, giudice di impareggiabile saggezza, uomo di guerra e di pace, studioso ed interprete della Torah, un monarca reale che si dilettava nei requisiti d'oro dell'ufficio - quando Salomone si mosse, la terra tremò.
Sì, questo era un gigante del nostro popolo, un po' infantilizzato dalla deliziosa fantasia di Isaac Rosenfeld sulla rimbambito di Solomon ("King Solomon", 1956). Aveva tutto, non aveva niente, se questo è davvero il messaggio esplicito dell'Ecclesiaste in breve. Era un uomo eccessivo in tutto ciò che saggiava. Tutta la sua personalità traboccava alla maniera del "Motore Immobile" di Aristotele, il creatore dell'universo. Conoscerlo significava amarlo, ma come suggerisce chiaramente Rosenfeld, un uomo di questa ampiezza, che apparentemente possedeva la chiave per tutte le forme di conoscenza mondana e spirituale, non poteva davvero amare in cambio. Era il narcisista per eccellenza, creava bellezza con la sua stessa presenza, che illuminava e stimolava tutti coloro che avevano la fortuna di ricevere la sua attenzione; ma anche così rimase una penombra di freddezza, un distacco che circondò e protesse il brillante re e sopravvisse alla sua carriera terrena.
Eppure è così che viene percepito nella Bibbia: E Dio diede a Salomone sapienza e intelligenza immensa e grandezza di cuore, proprio come la sabbia che è sulla riva del mare... E vennero da tutti i popoli per ascoltare la saggezza di Salomone, da tutti i re della terra, che avevano sentito parlare della sua saggezza (I Re 5:9,14).